Uno dei monumenti di maggiore interesse di Taranto, il complesso di Santa Maria della Giustizia, negli anni Sessanta ha legato la sua storia con quella dell'industrializzazione che ha coinvolto, in alcuni casi sconvolto, la città dei due mari. Il monastero medievale, infatti, fu inglobato nell'area industriale della città ionica, in particolare nella zona di competenza della raffineria Agip.
Taranto - Santa Maria della Giustizia |
Il complesso venne edificato nel 1119, per volere di Costanza d'Altavilla, per ospitare i pellegrini e i crociati diretti nella Terra Santa e di ritorno da quei luoghi. In un primo momento il monastero venne affidato alle cura dei monaci Basiliani, di rito greco, che amministrarono il convento e ne curarono l'ampliamento del XIV secolo, quando venne costruita la chiesa in stile angioino.
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Nel 1428 l'abbazia venne affidata agli Olivetani che, aiutati dalla vicinanza del fiume e da quella del mare, vi praticarono l'agricoltura e l'allevamento, arricchendo notevolmente il complesso.
Ma la vicinanza del mare non portò solo benefici economici. Santa Maria della Giustizia, infatti, fu preda di frequenti assalti e saccheggi dei pirati Saraceni, che nel 1594 diedero alle fiamme gran parte del monastero.
I numerosi attacchi costrinsero i monaci Olivetani, nel 1725, a lasciare il complesso. L'abbazia divenne una masseria, conosciuta con il nome di Masseria La Giustizia. Gli ambienti subirono modifiche e frazionamenti e furono riconvertiti in stalle e depositi.
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Ormai caduta in rovina, l'abbazia, dopo essere stata inglobata dalla raffineria, venne affidata, negli anni Ottanta, alla Sovrintendenza Archeologica della Puglia che iniziò il recupero e il restauro del complesso, conducendo, inoltre, campagne di scavi archeologici che permettono di affermare che l'area fu frequentata fin dall'epoca classica. Sono state rinvenute, infatti, numerose tombe.
L'impianto dell'abbazia si sviluppa intorno a due vaste aree. La prima, la più piccola, permette l'accesso alla chiesa angioina, con la sua facciata monocuspidata e decorata da rosette a punta di diamante, al convento e ai locali di servizio.
La chiesa ha un'unica navata ed è suddivisa in due campate. Sulla parete destra della prima campata, due colonne segnano l'accesso alla splendida cappella cinquecentesca.
La seconda area, più grande, accoglieva un portico o un chiostro ed è chiusa sul lato ovest dal corpo di fabbrica, con molta probabilità l'originario ospizio di epoca normanna.
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Esiste, inoltre, un ulteriore corpo di fabbrica, forse destinato a luogo di prima accoglienza, che presenta un ampio portale di stile durazzesco, sormontato dal simbolo dell'ordine Olivetano.
Tutto il complesso, infine, è protetto da una muraglia che delimita il perimetro entro il quale si articolano le costruzioni.
Oggi il complesso è stato restaurato e rappresenta sicuramente una delle testimonianze più elevate dell'epoca medievale tarantina.
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