Il Risorgimento italiano è costellato da padri della patria, eroi e simboli, utili e necessari per risollevare lo spirito nazionale, per aumentare la portata di certe idee, per esaltare caratteristiche uniche degli italiani e per sollevare tutta la popolazione contro la dominazione straniera.
Ettore Fieramosca |
Una tra le figure scelte per simboleggiare il valore e il coraggio nazionale fu Ettore Fieramosca. Nobile, condottiero, coraggioso, colto. Fieramosca incarnava tutte le qualità che degli Italiani si voleva esaltare.
Proprio lui sarà il protagonista del celebre romanzo storico, un bestseller risorgimentale, Ettore Fieramosca, o la Disfida di Barletta, scritto nel 1833 da Massimo d'Azeglio.
La Disfida di Barletta è un altro dei miti risorgimentali ed è emblema, ancora oggi, del rapporto, spesso burrascoso, tra Italiani e i Francesi.
Barletta - Epitaffio della Disfida |
L'anno è il 1503. Il Regno di Napoli è preda ambita dai Francesi e dagli Spagnoli, che solo un anno prima avevano stipulato un accordo segreto per la pacifica spartizione del Regno, con buona pace del legittimo sovrano, Federico I.
Sconfitto e cacciato Federico, il suo regno viene diviso tra le due superpotenze dell'epoca. Ma le cose non sono semplici. Ci sono troppe ambiguità nel trattato e non è chiaro come alcuni territori debbano essere divisi. Così Francia e Spagna, da buoni alleati, diventano nemici, iniziando una guerra, fatta spesso di piccoli scontri, duelli e disfide che, pur non producendo epici risultati, lasciano alla Spagna il controllo di poche piazze in Puglia e in Calabria.
Barletta, importante centro commerciale sull'Adriatico, diventa il quartiere generale degli Spagnoli e la base per la riconquista dei territori persi. E proprio Barletta farà da scenario all'evento più celebre di questa guerra.
Disfida di Barletta - Stampa d'epoca |
I Francesi, incoraggiati dai successi ottenuti, giungono fino a Canosa, dove avviene una scaramuccia tra i due eserciti, durante la quale vengono fatti prigionieri diversi soldati francesi, portati subito a Barletta.
Tra i prigionieri francesi spicca la presenza di Charles de Torgues, meglio noto come Guy de la Motte. Proprio lui, durante un banchetto offerto dal Gran Capitano spagnolo, Consalvo da Cordova, contestò il valore e il coraggio dei soldati italiani, ritenuti veri e propri codardi. A difendere l'onore e il coraggio italiano fu un ufficiale spagnolo, Inigo Lopez de Ayala, che paragonò il valore italiano a quello dei francesi.
Per risolvere la questione si decise di ricorrere all'ennesimo duello di quella guerra. Fu deciso che tredici cavalieri italiani avrebbero sfidato tredici cavalieri francesi il 13 Febbraio 1503 nella piana tra Andria e Corato, in territorio di Trani, dominio veneziano e quindi neutrale nella disputa tra Francia e Spagna.
Il compito di scegliere i valorosi cavalieri italiani fu affidato a Prospero e Fabrizio Colonna, che comandavano le truppe italiane alleate degli Spagnoli. I tredici italiani scelti furono: Ettore Fieramosca, che sarebbe stato il capitano dei tredici, Francesco Salamone, Marco Corollario, Riccio da Parma, Guglielmo Albimonte, Mariano Abignente, Giovanni Capoccio, Giovanni Brancaleone, Ludovico Abenavolo, Ettore Giovenale, Fanfulla da Lodi, Romanello da Forlì e Miale da Troia.
I tredici francesi erano, invece, capitanati dal solito Guy de la Motte.
L'arroganza dei Francesi, certi della vittoria finale, si scontrò con l'organizzazione e il valore dei cavalieri italiani, alla quale si dovettero arrendere, dichiarandosi sconfitti.
La Disfida offrì un altro simbolo, questa volta negativo, al Risorgimento. Il cavaliere francese Claude Grajan d'Aste, la cui figura è al centro di un lungo dibattito riguardante diversi aspetti: dalla sua reale identità al comportamento in battaglia, alla sua sorte.
Grajan d'Aste è, da molti studiosi, citato come Graiano d'Asti, presumendo quindi le sue origini italiane e la sua scelta, benchè italiano, di combattere per i francesi. La figura assurse a stereotipo dell'italiano che si schiera, tradendola, contro la sua stessa Patria. D'Azeglio, nel suo romanzo, fece propria questa ipotesi. Altri studiosi considerano errata questa ipotesi e ritengono che il cavaliere fosse francese.
Nemmeno sulla sua sorte ci sono certezze. Tutti concordano sul fatto che durante il duello fosse stato gravemente ferito, ma alcuni sostengono che scelse di arrendersi agli italiani, mentre altri ritengono che sia morto, vedendo nella sua fine, la giusta punizione per essersi schierato, lui italiano, contro gli italiani.
Ma questa non è l'unica disputa sorta intorno alla Disfida. Negli anni '30 del Novecento, lunghe polemiche e aspre battaglie giornalistiche videro contrapporsi Barletta, Trani, Andria e Bari, per decidere dove veramente si fosse svolto il duello e dove dovesse essere costruito il nuovo monumento, oltre il celebre Epitaffio (ancora oggi visibile), in memoria della Disfida. Alla fine, Barletta stabilì nei propri ordinamenti comunali di essere la città della Disfida e con questo atto chiuse ogni lotta e polemica.
Barletta - Rievocazione storica della Disfida |
La guerra tra Francia e Spagna non si concluse con la Disfida.
L'evento, comunque, diede slancio all'esercito spagnolo che poco tempo dopo, nella Battaglia di Cerignola, pur essendo in forte inferiorità numerica, sconfisse l'esercito francese, ponendo le basi per il suo dominio sul Meridione italiano.
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