giovedì 6 ottobre 2011

Una spy story di altri tempi. Come San Nicola giunse a Bari

La storia dell’arrivo a Bari dalla città turca di Mira delle reliquie di S. Nicola potrebbe  essere uno di quei racconti epici dove intrighi, azione, leggende e superstizioni si uniscono e dove persone normali si trovano a dover affrontare imprese mirabolanti.
Bari - Basilica di S. Nicola
La figura di S. Nicola era già popolare in città, dove gli erano state dedicate tre o quattro chiese e dove il nome Nicola era popolare quanto quello di Giovanni.
Nel 1087 Bari era sotto il dominio normanno, ma in realtà a comandare in città erano il clero e i mercanti, potenti grazie al punto strategico della città per i commerci con l’Oriente, così strategico da permettere a Bari di competere con Venezia.
Turchia - Myra
La decisione di impadronirsi delle reliquie del Santo fu frutto di questa unione tra clero e mercanti.
Il clero voleva portare al sicuro le reliquie del Santo. Mira, infatti, stava quasi per cadere nelle mani dei Turchi e il sentimento cristiano non poteva permettere che i resti di un Santo così tanto amato venissero toccati da mani infedeli.
Statua di S. Nicola
I mercanti, invece, pensavano che la figura di S. Nicola avrebbe portato in città numerosi pellegrini, aumentando il prestigio di Bari e i loro guadagni. Inoltre, Mira era tappa obbligatoria per i commerci con il Vicino Oriente e, quindi, la missione si sarebbe potuta inserire all’interno di uno dei tanti viaggi commerciali che partivano dalla città.
La decisione venne presa.
Fu così che all’inizio del 1087 tre navi cariche di grano ed altri prodotti si accinsero a salpare verso la Siria, mirando segretamente ad impadronirsi delle reliquie del Santo.
Ottanta baresi, di cui solo 62 godevano dei diritti civili, partirono per compiere l’impresa.
Durante il viaggio di andata poco poterono fare, in quanto Mira era piena di Saraceni che affollavano la città per rendere l’ultimo omaggio ad un loro capo.
I Baresi, però, non si persero d’animo, continuarono i loro affari decidendo che avrebbero onorato il loro impegno durante il viaggio di ritorno, spinti anche dalla presenza di Veneziani che avevano il loro stesso obiettivo: impadronirsi delle reliquie del Santo.
Questa discussione era un’altra pagina della lotta tra Baresi e Veneziani, iniziata per il dominio dei commerci e passata al possesso del corpo di S. Nicola.
Bari - Cattedra di Elia
I Veneziani, successivamente, nel 1089, durante la prima Crociata, si impossessarono di alcuni frammenti delle reliquie che i Baresi non avevano prelevato e le portarono nella loro città.
Alla compagnia barese si aggiunsero due pellegrini provenienti da Gerusalemme, un francese e un greco, ritenuti utili come interpreti al momento dello sbarco a Mira.
Giunti nella città, solo quarantasette marinai scesero dalle navi, oltre ai due nuovi passeggeri.
Il pretesto per la loro presenza era quello di andare a rendere omaggio al Santo e di procurarsi un pò di manna che le reliquie producevano.
Il corpo di S. Nicola era custodito in una chiesa, protetto da monaci bizantini, che non si accorsero delle vere intenzioni di quei pellegrini appena giunti.
I Baresi iniziarono a pregare e a parlare con i monaci, per confermare la loro copertura di pellegrini. I più giovani del gruppo si stancarono presto di quella recita e spinsero il gruppo a svelare le loro reali intenzioni, dichiarandosi pronti a soddisfare le richieste economiche dei monaci per ottenere le reliquie.
All’inizio i monaci pensavano che i pellegrini baresi stessero scherzando e non li presero sul serio, non accorgendosi delle loro armi sotto i mantelli e rispondendo che il Santo non aveva mai permesso a nessuno di spostarlo.
Quando si accorsero che i Baresi non stavano scherzando era ormai troppo tardi. Infatti, le porte della chiesa erano state sprangate e i monaci non potevano avvertire gli abitanti di Mira di quello che stava accadendo.
La situazione era in una fase di stallo. I monaci non volevano rivelare l’ubicazione del sepolcro e i Baresi non volevano abbandonare il loro progetto. Fu proprio uno di loro a sbloccare la storia, minacciando, sguainando la spada che aveva con sé, di uccidere i monaci se non si fossero decisi a parlare. Spaventati, i monaci decisero di rivelare l’ubicazione del corpo del Santo, sperando che fino alla fine qualcosa sarebbe intervenuto per impedire la perdita di un così prezioso tesoro. Ma le loro speranze risultarono vane.
Scoperta la tomba, i Baresi iniziarono, con molta cautela, il lavoro per aprirla ed impadronirsi di quanto vi era custodito all’interno. Uno di loro, Matteo, spazientito dalla lentezza con cui procedeva il lavoro e temendo che giungessero soccorsi dalla città, aprì il sarcofago e vi entrò, estraendo le ossa del Santo, immerse nella manna da loro prodotta.
La paura che le reliquie subissero danni svanì quando un’ampolla di cristallo, contenente della manna, cadde a terra e non si ruppe. Il fatto fu interpretato come chiara indicazione del Santo ad andare avanti in quell’opera, che fu presto completata. I falsi pellegrini lasciarono così la chiesa e tornarono alle loro navi, ma le loro avventure e i problemi non erano terminati.
Bari - Cripta di S. Nicola
Il viaggio di ritorno non fu semplice. Il cattivo tempo non permetteva di proseguire agevolmente, aumentando ogni giorno le difficoltà del viaggio.
Giunti nel porto di Perdicca, i Baresi iniziarono a sospettare che quel cattivo tempo fosse un altro segnale da parte di S.Nicola che non era d’accordo con la loro impresa. Alcuni proposero di riportare le reliquie a Mira, altre a Patara, città natale di Nicola. Altri ritennero che il maltempo fosse causato dal furto da parte di alcuni di loro di parte delle reliquie del Santo. Davanti all’obbligo di giurare sul Vangelo che nessuno si era appropriato delle reliquie, cinque marinai confessarono di essersi impossessati di alcuni resti e li riconsegnarono. Il tempo miracolosamente migliorò e il viaggio poté riprendere agevolmente e speditamente. Uno dei marinai sognò S. Nicola che lo rassicurava sul buon esito del loro viaggio e sul loro felice rientro a Bari.
Bari - Processione S. Nicola
Il 9 maggio 1087 le reliquie giunsero in città, dove la folla si era accalcata per assistere a quell’evento straordinario.
Ma le peripezie delle reliquie non erano finite.
Il clero della cattedrale voleva prendere in consegna i resti del Santo, ma i marinai ricordarono l’accordo di costruire una nuova chiesa da dedicargli. Un’altra situazione di stallo si era creata. A dirimere la questione fu l’abate Elia che propose ai comandanti di custodire le reliquie nella chiesa di S.Benedetto, in attesa che venisse trovata una soluzione tra il clero e il popolo.
L’arcivescovo Ursone, però, non volle sentire ragioni, affermando che le spoglie dovessero essere trasferite dalla chiesa dove erano state provvisoriamente collocate alla cattedrale. Organizzò, quindi, una guardia armata per prelevare le reliquie con la forza. Il popolo, prevedendo e temendo una decisione del genere, si oppose a questo tentativo. Ne nacque uno scontro con alcuni morti e molti feriti.
Icona di S. Nicola
Fu ancora Elia a risolvere la situazione, convincendo Ursone ad abbandonare la sua idea e a richiamare la sua guardia. L’arcivescovo acconsentì alla realizzazione della nuova chiesa, la cui progettazione e costruzione fu affidata allo stesso Elia, ormai figura centrale di questa storia. Proprio Elia, alla morte di Ursone a due anni dall’inizio dei lavori, venne scelto dal popolo come nuovo arcivescovo di Bari.
Il 1° ottobre 1089 il papa Urbano II, alla presenza di Boemondo, signore normanno della città e di altri nobili, trasferì le reliquie di S. Nicola dalla chiesetta di S.Stefano alla cripta della nuova chiesa e consacrò ufficialmente l’arcivescovo Elia.
Le reliquie finalmente trovarono pace e una sistemazione adatta, che ancora oggi le custodisce.

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